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COVID-19: LA VOCE DEGLI ESPERTI – Parte IV

Intervista agli esperti impegnati in trincea – IV PARTE

Per la prima volta, dal dopo guerra ad oggi, tutta la nazione lotta in modo sinergico e si stringe attorno a slogan come #iorestoacasa e “andrà tutto bene”, che sostengono il Paese e i suoi professionisti sanitari, chiamati ad agire in prima linea contro questo nemico invisibile ma tanto pericoloso.

Il COVID 19 ci atterrisce e ci unisce tutti in un’unica meravigliosa ITALIA!

Il COVID-19 ci atterrisce e ci unisce tutti in un’unica meravigliosa ITALIA!

Per la prima volta, dal dopo guerra ad oggi, tutta la nazione lotta in modo sinergico e si stringe attorno a slogan come #iorestoacasa e “andrà tutto bene”, che sostengono il Paese e i suoi professionisti sanitari, chiamati ad agire in prima linea contro questo nemico invisibile ma tanto pericoloso.

In qualità di medico, specializzato in Anestesia e Rianimazione, sto collaborando con il Ministero della Salute rispondendo al Numero di utilità pubblica 1500 ed ho potuto raccogliere sia le domande dei cittadini (giustamente preoccupati anche da sintomi aspecifici) sia quesiti di differenti operatori sanitari (medici di medicina generale, medici del 118, specialisti di varie branche, infermieri ecc…). Le domande che l’emergenza ci pone sono tante e variegate, per questo ho ritenuto opportuno provare a dare un inquadramento generale, il più possibile scientifico, alla grande mole di informazioni a cui siamo sottoposti quotidianamente dai media. In questo mese, è stato pubblicato il libro “Medico di Guardia – Diagnosi e Terapia 2020” da me curato con il coinvolgimento di autorevoli specialisti esperti nelle diverse branche della medicina, presenti su tutto il territorio nazionale. Pertanto, ho selezionato tra di loro chi si trova in prima linea a fronteggiare la pandemia formulando delle domande specifiche, che ci possano aiutare a fare un punto sulla situazione attuale.

Ho voluto intervistare molte persone coinvolte a vario titolo nell’emergenza sanitaria COVID-19, per dare voce a più professioni (sia dell’area medica che politica e gestionale) che operano con grande competenza ed impegno nella stessa nazione, anche se in regioni diverse, e che costituiscono un esempio encomiabile del lavoro che si sta svolgendo per fronteggiare la situazione.

 

  • Quali misure si adottano per un corretto triage intraospedaliero per i pazienti affetti da Coronarovirus? Ci risponde il Dott. Ramilli, Dirigente Medico UOC Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Maggiore di Bologna.

La funzione di triage svolge un ruolo chiave nel processo diagnostico assistenziale. È fondamentale che tale attività venga svolta da personale con una adeguata anzianità di servizio e comprovate attitudini nell’attività triagistica. In corso di evento pandemico il triage normale viene sostituito da una sorta di “triage di guerra”, che precede una check list con poche domande chiave per decidere il percorso da far seguire al paziente.

In corso di epidemia COVID-19 i sintomi che dovrebbero indirizzare il paziente verso il percorso “potenzialmente infetti” (o  “sporco”) dovrebbero essere, ad esempio: 1. presenza di temperatura >= 37,5; 2. presenza di sintomi respiratori (tosse e/o dispnea); 3. presenza di febbre e disturbi gastroenterici (vomito, diarrea). La presenza di uno solo di questi sintomi dovrebbe essere sufficiente ad indirizzare il paziente verso il percorso “potenzialmente infetti”.

Il luogo del triage dovrebbe essere esterno al Pronto Soccorso mediante tende da campo attrezzate per i pazienti che giungono in ospedale con mezzi propri ed intraospedaliero per i pazienti che giungono in ambulanza. Tutti i pazienti dovrebbero indossare mascherina chirurgica ed effettuare lavaggio delle mani con soluzione idroalcolica al momento del triage. In Pronto Soccorso, devono essere distinti due spazi adibiti a percorso “sporco” e percorso “pulito”, ciascuno con un triage dedicato e gli operatori di tali spazi non dovrebbero mai entrare in contatto tra loro.

Tutti gli operatori sanitari del percorso “sporco” (medici, infermieri, operatori di assistenza, addetti alle pulizie) dovrebbero effettuare una vestizione prima di entrare, comprendente: tuta di isolamento o sovracamice adeguato, doppio paio di guanti, calzari monouso, mascherina FFP2, cuffia, dispositivi di protezione oculari (occhiali, casco).

Data la eterogeneità dei sintomi COVID-19 e di paucisintomaticità, congiuntamente alla possibilità di errori di triage è auspicabile che anche gli operatori sanitari del percorso “pulito” abbiano i suddetti presidi. In caso di scarsità di dispositivi di protezione, un equipaggiamento minimo della zona pulita dovrebbe comunque comprendere una mascherina facciale (chirurgica, meglio FFP2), un camice monouso, due paia di guanti. Il secondo paio di guanti va sostituito ad ogni paziente ed il primo non deve essere tolto mai, nemmeno durante la digitazione sulla tastiera del computer.

 

  • Il Dott. Paolo Riondino, Dirigente Medico in Anestesia e Rianimazione presso l’Ospedale S. Eugenio di Roma, ci descrive la gestione sub-intensiva ottimale nel paziente COVID-19.

Nei casi mediamente gravi, è richiesta, per i pazienti COVID-19, un’attenta monitorizzazione dei parametri vitali ed un’assistenza ventilatoria non invasiva (casco C-PAP o ventilazione meccanica non invasiva), associata a terapia farmacologica, secondo protocollo.

L’arruolamento del paziente nell’area sub-intensiva prevede una stretta collaborazione tra il clinico e il rianimatore. L’O2 terapia ha come obiettivo una SpO2 ≥ a 90%. L’utilizzo della venti-mask deve essere strettamente monitorizzato, per essere eventualmente sostituito con la ventilazione non invasiva, pronti ad un’intubazione veloce, in caso di deterioramento delle funzionalità respiratorie. Bisogna sempre valutare l’uso dei farmaci steroidei.

 

  • L’intubazione rappresenta una pratica importante per la gestione delle vie aeree nei pazienti COVID-19, chiedo al Dott. Costantino Buonopane, autore del trattato “Gestione delle vie aeree in emergenza-urgenza” quali sono i suoi consigli.

Nel quadro della gestione delle vie aeree in un paziente COVID-19 diverse procedure e manovre possono determinare la diffusione del virus contenuto nelle goccioline di saliva e quindi, innanzitutto tutti gli operatori coinvolti devono essere protetti mediante l’impiego dei DPI.

La ventilazione manuale a pressione positiva può generare aereosol e dovrebbe essere evitata o limitata all’ossigenazione di salvataggio, quindi, si raccomanda l’uso di una procedura di “induzione-intubazione in rapida sequenza” per evitare, se possibile, la ventilazione manuale.

In genere questi pazienti hanno una ridotta riserva respiratoria e tendono a desaturare molto rapidamente dopo l’induzione e la mio risoluzione quindi si consiglia una preossigenazione che deve essere avviata immediatamente mediante respirazione passiva di O2 supplementare erogato attraverso una maschera facciale ermeticamente aderente e sigillata in modo occlusivo sul volto del paziente; fra la maschera e il dispositivo di ventilazione deve essere inserito un filtro HME per ridurre al minimo l’aerosol.

Per il primo tentativo di intubazione è consigliato il Videolaringoscopio: l’uso di dispositivi con monitor separato dalla lama, la posizione verticale con il gomito esteso massimizza la distanza tra il viso dell’operatore e le vie aeree del paziente: ciò dovrebbe ridurre il rischio di trasmissione virale.

 

  •  Il Dott. Mario Mezzapesa lavora come anestesista presso l’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, epicentro dell’epidemia e ci descrive come gestite il supporto ventilatorio meccanico nel paziente COVID-19.

Purtroppo, poco sappiamo circa la precisa fisiopatologia dell’insufficienza respiratoria correlata al virus 2019-nCoV. Per tale motivo al momento possiamo solo attenerci alle strategie ventilatorie che si sono dimostrate efficaci nel trattamento di altre forme di ARDS. Quindi ventilazione protettiva con VT 4-8 mL/kg PBW, strategia ad alta PEEP adeguando la PEEP secondo le misure di meccanica respiratoria tali da ottenere Ppl < 30 cmH2O ed una Driving Pressure < 15 cmH2O. Se necessario curarizzare il pz in continuo per 24-48 h. Considerare la pronazione per 12-16 h in pz con P/F < 150. Obiettivo della ventilazione è quello di mantenere una SpO2 92-96% ed una PaO2 55-70 mmHg. Accettare un’ipercapnia con pH ≥ 7,20. Ricordiamoci che la ventilazione non serve a curare il polmone (questo avverrà con le terapie mirate all’eliminazione della causa scatenante e al contenimento della risposta infiammatoria), ma a guadagnare tempo garantendo un’ossigenazione efficace secondo i parametri precedentemente descritti.

 

  • La pronazione in cosa consiste e quando è preferibile? Ce lo spiega il Dott. Daniele Tuzzo, Anestesista presso l’ASST “Ospedali Civili di Brescia”

La pronazione è consigliata nei casi di ipossiemia più grave, per esempio quando il rapporto PaO2/FIO2 è inferiore a 150 anche dopo aver eseguito una manovra di reclutamento: in tali condizioni un adeguato livello di ossigenazione è ottenibile solo con l’esposizione del paziente a FIO2 elevata per periodi prolungati. La pronazione è inoltre un’opzione valida nei casi in cui il paziente sviluppi elevata driving pressure anche con l’utilizzo di Vt ridotti. In posizione prona, infatti, si ottiene sia una redistribuzione preferenziale del flusso ematico polmonare verso le aree ventrali del torace, solitamente più risparmiate dalla malattia (l’effetto è una riduzione dell’effetto shunt e del mismatch tra ventilazione e perfusione), sia una distribuzione più omogenea della ventilazione nelle aree dorsali per motivi anatomici, sia infine una riduzione delle sollecitazioni meccaniche a carico delle zone polmonari meno malate, con possibile aumento della compliance, riduzione delle pressioni transpolmonari, riduzione del rischio di VILI (danno polmonare indotto dalla ventilazione).

 

Questa pandemia si configura come una sfida senza precedenti che l’intera umanità è chiamata a fronteggiare. Gli attori principali di questa lotta sono gli operatori sanitari, che stanno dimostrando di vivere il proprio impegno lavorativo in modo eroico, come missione. Al di là della preparazione, dello spirito di dedizione e della vocazione alla salute, tutti gli operatori sanitari hanno il pieno diritto di essere tutelati nello svolgimento di un cosi difficile lavoro, che mette costantemente a rischio la vita di ciascuno di loro. Sarà fondamentale organizzarsi rapidamente per garantire maggiori risorse e tecnologie adeguate all’emergenza in atto, indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza. Ciò che porterà a sconfiggere la pandemia sarà la capacità di condividere, tra tutte le nazioni del mondo in modo trasparente e lealmente cooperativo, le conoscenze apprese e tutti gli strumenti che si stanno rivelando efficaci nella lotta contro il virus.

Verosimilmente, siamo ancora all’inizio di una lunga guerra dilagata in tutto il mondo e costituita da molte battaglie, delle quali alcune già vinte. Questo ci dà la possibilità di pensare positivo e di remare tutti insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune. Lo stesso Papa Francesco ha dichiarato “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda.” Stringiamoci in una sola grande umanità e lottiamo uniti contro il nemico invisibile!

 

Dott. Fausto D’Agostino

www.centroformazionemedica.it

 

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  1. Stefano Ramilli, Specialista in Medicina Interna, Dirigente Medico UOC Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza Ospedale Mag­giore Bologna, Servizio di Emergenza Territoriale 118, Bologna
  2. Dott. Paolo Riondino,  Anestesia e Rianimazione TIG (Terapia Intensiva Generale) ASL RM 2 Ospedale S. Eugenio, Roma 
  3. Dott. Costantino Buonopane, Anestesia e Rianimazione, Policlinico Umberto I, Roma
  4. Dott. Mario Mezzapesa, Anestesia e Rianimazione, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo
  5. Dott. Daniele Tuzzo, Anestesia e Rianimazione, ASST “Spedali Civili di Brescia”